martedì 3 febbraio 2009

Giulietta e Romeo...


Correva a Verona l'anno trecento,
nemici castelli
battuti dal vento,

celavan le mura due fulgidi fiori:
splendor di fanciulla, viril giovanotto...
fu amore condito da aspri dolori.

Montecchi il casato, il nome: Romeo,
pel ferro nel cuore
divenne poi "reo".

Messer Capuleti sorresse la culla
d'una rara bellezza:
Giulietta fanciulla!

Odio di stirpe, il peggiore dei mali,
furon da sempre
rissosi rivali.

Splendeva la luna, tonda nel cielo,
notturna la festa,
tutti col "velo".


Figure danzanti, voltì mascherati,
la dolce Giulietta, padrona di casa,
scrutava curiosa gli "occhi bendati".

Tocco di mano, la danza alternava
le coppie eleganti
e Giulietta guardava...

Guardava silente colui che danzando,
sfiorava la pelle...
un poco tremando.

Ardenti e gentili... parole improvvise,
come dardi infocati,
nell'orecchio le mise.

Il cuore impazzisce, quasi sobbalza,
il desiderio d'amor...
prepotente si alza.

Freme Giulietta, poi parla col cuore
"non mi baciare,
frena il tuo ardore."

"Le tue parole son gocce d'amore,
ma, mia cara Giulietta,
dovrò darti un dolore."


"Sono un Montecchi, son mascherato,
dalla tua stirpe...
nemico odiato".

"Ne va della vita: ti devi salvare,
lasciami, adesso
tu devi scappare".

Nascosto nel buio, un vile cugino
osserva la scena,
annebbiato dal vino.

L'ardito Montecchi lascia il castello
poi salta il muro
"un po' da monello";

Romeo s'avvicina con fare silente...
perché una vocina
nel buio si sente.

Suon di parole, sembrano canto
assai melodioso
e come d'incanto

scorge l'amata, la vista s'appanna,
è proprio Giulietta
e il cuore s'infiamma.


Chiedeva Giulietta alla pallida luna:
"io amo un Montecchi
non è forse sfortuna?"

"Dolce Giulietta, di parlarti io tento...
a te non rinuncio,
è un giuramento".

"Se sol così mi puoi amare,
il nome son pronto
a rinnegare".

Complice notte... morivan le ore,
trafitti i cuori,
nasceva l'amore.

Un bacio ardente fu sospirato suggello
per un domani
ancora più bello.

Giulietta sospira: "non scherzare col fuoco"
"non mi ingannare
non è questo un gioco".

"Se tu per sempre mi vuoi amare
domattina alle nove io ti fò cercare".



"Alla mia balia tu dovrai dare
chiare istruzioni
per poterci sposare".

"Stanne sicura, or ti prenda Morfeo
del tuo ricordo
stanotte mi beo".

Sorride l'alba al cuore contento,
corre il ragazzo
verso il convento.

Frate Lorenzo al giovane ansioso:
"Stai pur sereno...
domani vi sposo!"

Nove rintocchi nel radioso mattino
giunse la balia
e gli venne vicino.

"La mia padroncina, con un po' di tormento,
vuol da Romeo
un appuntamento".

"Gentile signora, ho molto da dire,
per ciò che le dico
non s'abbia a stupire".


"Dentro il convento attende un buon frate,
aspetta Giulietta
alle cinque passate".

"Con Frate Lorenzo ho fatto l'accordo,
alle preghiere
non è stato sordo".

"Sicuro qual vento che carezza le foglie
la dolce Giulietta
sarà la mia moglie".

S'invola la balia col viso raggiante,
giunge al castello,
un poco ansimante.

"Buone notizie, mia cara bambina,
sarai di Romeo
l'amata sposina".

Lento e costante il cammin delle ore
pei due fanciulli
un gran batticuore.

È giunto infine l'atteso momento,
corre Giulietta
verso il convento.


Severo, ma dolce, Lorenzo il buon frate
grida ai fanciulli:
"Adesso che fate?"

Bocca su bocca, labbra incollate,
sospiri d'amore,
mani intrecciate.

"Uno per parte! Questa è una chiesa,
se vi baciate
io son parte lesa!"

Poi benedice, felice, i due sposi
"E che divider
nessuno mai osi!"

"Or che la gente a voi certo non bada,
tornate a casa
per la propria strada".

"È solo per poco triste l'addio,
or siete sposati,
benedetti da Dio".

Recando in cuore grande dolcezza,
tornava Romeo...
alla fortezza.


D'opposta fazion, incontro fatale
che cominciò
con l'insulto verbale.

C'era Tebaldo arrogante cugino,
della dolce Giulietta...
spiata al festino.

Montecchi Romeo gli parlò da fratello,
lui rifiutò...
lì voleva il duello.

Rissoso Tebaldo dalla pessima fama,
gli grida: "Vigliacco!"
e sguaina la lama.

Mercuzio interviene da vero amico
e lo difende
dal "ferro" nemico.

Sfregar di spade, la lama lucente,
già taglia l'aria,
parte un fendente.

Mercuzio cade, a morte ferito,
sangue sul petto,
è forte "l'invito"


al buon Romeo che ingaggia battaglia,
Tebaldo indietreggia,
la mano non sbaglia...

ferro mortale, diritto al cuore,
cade Tebaldo
e a terra muore.

Romeo non bramava questa tenzone
pianse Tebaldo...
con disperazione.

È confusione, la gente accorsa
allontana Romeo
che scappa di corsa.

Due morti, due schiere e tutti gli astanti
dal principe a corte
giunsero ansanti.

Urla, invettive... reciproche accuse...
nessuno poi volle
porgere scuse.

"Ancor di due vite spente l'essenza"
il principe emise
la cruda sentenza:


"Condono la morte a Montecchi Romeo"
che di atroce delitto
si rese reo,

"Ma lo condanno a lasciar la città
teatro di morte
e d'infamità".

Mantova scelse pel triste esilio
e il padre perse...
l'unico figlio.

Avara la notte, anché di dolore,
per coronare
il sogno d'amore.

Il talamo accolse i giovani amanti,
febbre d'amor...
corpi ansimanti.

Dolci parole, un po' sussurrate
cocenti i baci
sulle labbra agognate.

Condanna spietata... l'inceder del tempo
rende più triste...
il temuto momento.
Di Pierino Campagnoli
(narrazione in poesia)

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