- Correva a Verona l'anno trecento,
- nemici castelli
- battuti dal vento,
- celavan le mura due fulgidi fiori:
- splendor di fanciulla, viril giovanotto...
- fu amore condito da aspri dolori.
- Montecchi il casato, il nome: Romeo,
- pel ferro nel cuore
- divenne poi "reo".
- Messer Capuleti sorresse la culla
- d'una rara bellezza:
- Giulietta fanciulla!
- Odio di stirpe, il peggiore dei mali,
- furon da sempre
- rissosi rivali.
- Splendeva la luna, tonda nel cielo,
- notturna la festa,
- tutti col "velo".
- Figure danzanti, voltì mascherati,
- la dolce Giulietta, padrona di casa,
- scrutava curiosa gli "occhi bendati".
- Tocco di mano, la danza alternava
- le coppie eleganti
- e Giulietta guardava...
- Guardava silente colui che danzando,
- sfiorava la pelle...
- un poco tremando.
- Ardenti e gentili... parole improvvise,
- come dardi infocati,
- nell'orecchio le mise.
- Il cuore impazzisce, quasi sobbalza,
- il desiderio d'amor...
- prepotente si alza.
- Freme Giulietta, poi parla col cuore
- "non mi baciare,
- frena il tuo ardore."
- "Le tue parole son gocce d'amore,
- ma, mia cara Giulietta,
- dovrò darti un dolore."
- "Sono un Montecchi, son mascherato,
- dalla tua stirpe...
- nemico odiato".
- "Ne va della vita: ti devi salvare,
- lasciami, adesso
- tu devi scappare".
- Nascosto nel buio, un vile cugino
- osserva la scena,
- annebbiato dal vino.
- L'ardito Montecchi lascia il castello
- poi salta il muro
- "un po' da monello";
- Romeo s'avvicina con fare silente...
- perché una vocina
- nel buio si sente.
- Suon di parole, sembrano canto
- assai melodioso
- e come d'incanto
- scorge l'amata, la vista s'appanna,
- è proprio Giulietta
- e il cuore s'infiamma.
- Chiedeva Giulietta alla pallida luna:
- "io amo un Montecchi
- non è forse sfortuna?"
- "Dolce Giulietta, di parlarti io tento...
- a te non rinuncio,
- è un giuramento".
- "Se sol così mi puoi amare,
- il nome son pronto
- a rinnegare".
- Complice notte... morivan le ore,
- trafitti i cuori,
- nasceva l'amore.
- Un bacio ardente fu sospirato suggello
- per un domani
- ancora più bello.
- Giulietta sospira: "non scherzare col fuoco"
- "non mi ingannare
- non è questo un gioco".
- "Se tu per sempre mi vuoi amare
- domattina alle nove io ti fò cercare".
- "Alla mia balia tu dovrai dare
- chiare istruzioni
- per poterci sposare".
- "Stanne sicura, or ti prenda Morfeo
- del tuo ricordo
- stanotte mi beo".
- Sorride l'alba al cuore contento,
- corre il ragazzo
- verso il convento.
- Frate Lorenzo al giovane ansioso:
- "Stai pur sereno...
- domani vi sposo!"
- Nove rintocchi nel radioso mattino
- giunse la balia
- e gli venne vicino.
- "La mia padroncina, con un po' di tormento,
- vuol da Romeo
- un appuntamento".
- "Gentile signora, ho molto da dire,
- per ciò che le dico
- non s'abbia a stupire".
- "Dentro il convento attende un buon frate,
- aspetta Giulietta
- alle cinque passate".
- "Con Frate Lorenzo ho fatto l'accordo,
- alle preghiere
- non è stato sordo".
- "Sicuro qual vento che carezza le foglie
- la dolce Giulietta
- sarà la mia moglie".
- S'invola la balia col viso raggiante,
- giunge al castello,
- un poco ansimante.
- "Buone notizie, mia cara bambina,
- sarai di Romeo
- l'amata sposina".
- Lento e costante il cammin delle ore
- pei due fanciulli
- un gran batticuore.
- È giunto infine l'atteso momento,
- corre Giulietta
- verso il convento.
- Severo, ma dolce, Lorenzo il buon frate
- grida ai fanciulli:
- "Adesso che fate?"
- Bocca su bocca, labbra incollate,
- sospiri d'amore,
- mani intrecciate.
- "Uno per parte! Questa è una chiesa,
- se vi baciate
- io son parte lesa!"
- Poi benedice, felice, i due sposi
- "E che divider
- nessuno mai osi!"
- "Or che la gente a voi certo non bada,
- tornate a casa
- per la propria strada".
- "È solo per poco triste l'addio,
- or siete sposati,
- benedetti da Dio".
- Recando in cuore grande dolcezza,
- tornava Romeo...
- alla fortezza.
- D'opposta fazion, incontro fatale
- che cominciò
- con l'insulto verbale.
- C'era Tebaldo arrogante cugino,
- della dolce Giulietta...
- spiata al festino.
- Montecchi Romeo gli parlò da fratello,
- lui rifiutò...
- lì voleva il duello.
- Rissoso Tebaldo dalla pessima fama,
- gli grida: "Vigliacco!"
- e sguaina la lama.
- Mercuzio interviene da vero amico
- e lo difende
- dal "ferro" nemico.
- Sfregar di spade, la lama lucente,
- già taglia l'aria,
- parte un fendente.
- Mercuzio cade, a morte ferito,
- sangue sul petto,
- è forte "l'invito"
- al buon Romeo che ingaggia battaglia,
- Tebaldo indietreggia,
- la mano non sbaglia...
- ferro mortale, diritto al cuore,
- cade Tebaldo
- e a terra muore.
- Romeo non bramava questa tenzone
- pianse Tebaldo...
- con disperazione.
- È confusione, la gente accorsa
- allontana Romeo
- che scappa di corsa.
- Due morti, due schiere e tutti gli astanti
- dal principe a corte
- giunsero ansanti.
- Urla, invettive... reciproche accuse...
- nessuno poi volle
- porgere scuse.
- "Ancor di due vite spente l'essenza"
- il principe emise
- la cruda sentenza:
- "Condono la morte a Montecchi Romeo"
- che di atroce delitto
- si rese reo,
- "Ma lo condanno a lasciar la città
- teatro di morte
- e d'infamità".
- Mantova scelse pel triste esilio
- e il padre perse...
- l'unico figlio.
- Avara la notte, anché di dolore,
- per coronare
- il sogno d'amore.
- Il talamo accolse i giovani amanti,
- febbre d'amor...
- corpi ansimanti.
- Dolci parole, un po' sussurrate
- cocenti i baci
- sulle labbra agognate.
- Condanna spietata... l'inceder del tempo
- rende più triste...
- il temuto momento.
- Di Pierino Campagnoli
- (narrazione in poesia)
martedì 3 febbraio 2009
Giulietta e Romeo...
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